La vita è per tutti gli esseri viventi ricerca di felicità. Certo la felicità dell’umile spugna dei fondali marini è ben diversa dalla felicità come la concepiamo noi uomini moderni, ma per tutti in comune c’è la ricerca del piacere. Se per quegli organismi primitivi la ricerca del piacere era la luce e il calore del sole, l’ossigeno e piccole molecole di cui cibarsi, l’evoluzione delle specie ha reso sempre più complesso il concetto di felicità che per il genere umano dovrebbe essere condividere i piaceri con gli altri nel massimo rispetto reciproco.
Abbiamo tutti diritto a questo tipo di felicità ma l’educazione e gli esempi che il bambino trova nella società in cui viviamo, lo portano ben presto a perseguire il proprio tornaconto a discapito di quello altrui e la conseguenza peggiore sarà che andrà all’inseguimento del potere o della ricchezza materiale. Un simile atteggiamento, passivamente acquisito dall’Anima del bambino fino dai primi anni di vita, è l’ostacolo maggiore che si frappone alla causa della giustizia e dell’uguaglianza, l’unica strada percorribile per arrivare alla felicità nostra e di tutti coloro che ci circondano. È innegabile che la considerazione per il prossimo dà soddisfazione e che la nostra felicità è inestricabilmente legata alla felicità altrui. È impossibile negare che se la società soffre, anche noi soffriamo. Tutti i saggi lo avevano capito, a cominciare da Buddha, fino all’attuale Dalai Lama, Genzin Gyatso, capo spirituale del buddismo tibetano e anche del governo tibetano. Come tutti i saggi che lo hanno preceduto, anche lui commette l’errore di limitarsi solo ad elencare tutta una serie di doveri, per ottenere quel senso di etica e di moralità che è alla base di giustizia e di uguaglianza, cioè della felicità. Ho ripreso da quella intervista un elenco di doveri che il Dalai Lama proclama uno dopo l’altro e per alcuni ho riportato le sue stesse parole.
Ci raccomanda che non dobbiamo sacrificare valori, che dobbiamo promuovere valori etici, che non dobbiamo sfruttare il prossimo per servire i nostri egoistici fini, che dobbiamo concentrarci su pensieri amabili e che dobbiamo convivere. Dobbiamo trascorrere la nostra giornata concentrandoci su pensieri amabili. E ancora non dobbiamo eludere queste due cose necessarie, amore e compassione. Non dobbiamo prendere decisioni incaute e malconsigliate che danneggino gli altri e noi stessi. Dobbiamo avere a cuore il benessere del nostro prossimo. Non dobbiamo farci prendere dalla collera. Dobbiamo dissipare la collera e l’odio. Dobbiamo ragionare per analizzare una prospettiva più ampia e guardando gli altri punti di vista. Dobbiamo essere pazienti e tolleranti. Dobbiamo analizzare con chiarezza la situazione per poterci rendere conto che il passato è passato e che continuare a provare odio e rancore non ha scopo alcuno. Dobbiamo sviluppare il senso del perdono e lasciare svanire tutti i sentimenti negativi. Dobbiamo riuscire a perdonare. Tanti doveri sui quali siamo praticamente tutti d’accordo ma poi alla fine, come tutti i saggi, non sa darci una chiave per realizzarli. L’unica cosa certa è che lo sa dire bene. Ci sono persone che certe cose, sulle quali tutti pensiamo di essere d’accordo, le sanno dire meglio di noi. Solo per questo fatto ci sembrano capaci di aiutare il nostro cambiamento e li facciamo diventare saggi, salvatori o santi. Ma il problema rimane e irrisolto. Dovere fare qualcosa non vuol dire insegnare come farlo. E se tanti saggi ci hanno chiaramente mostrato da tempo quali fossero i nostri doveri per un mondo migliore, come metterli in pratica rimane il grande dilemma. Abbiamo bisogno di un buon metodo per diventare migliori, non sentirci ripetere cosa dobbiamo fare.
Dalle condizioni il cui si trova il nostro pianeta, dal clima di lotte e di guerre nel quale ci dibattiamo, sembrerebbe proprio che quel metodo ancora non sia stato individuato e ci si limiti soltanto a dichiarare quali siano i nostri doveri per costruire un mondo migliore. Il Dalai Lama non fa eccezione. Ma gli uomini hanno profondamente e urgentemente bisogno di metodi, non di giudizi e di doveri. E invece sempre e solo di doveri si riesce a parlare. Con scarsi risultati e più spesso nessun risultato.
Ho lavorato per decenni alla conoscenza della struttura della psiche per capire come ci si ammalava e si diventava infelici. Mi è servito per mettere a punto un metodo per rieducare le menti dei miei malati e farli uscire dal tunnel della depressione e dell’infelicità. Mi sono accorto che le stesse malattie di cui soffrivano i miei pazienti erano le malattie della nostra società. Quel decadimento generale della moralità nel mondo che di questi questi tempi molte persone deplorano come causa dei mille problemi che dobbiamo affrontare è lo stesso decadimento di ciascun paziente che è venuto da me. Ho pensato di applicare lo stesso metodo a tutti coloro che vorrebbero trasformare se stessi per migliorarsi e trasformare il mondo. Non so quanto ci sono riuscito, ma quel che è certo che si tratta di una strada che vale la pena di provare a percorrere.
Ha scritto V. S. Ramachandran, neuroscienziato indiano di fama mondiale (Che cosa sappiamo della mente, Mondadori, Milano, 2004, pag. 111), che i neuroscienziati possono oggi cominciare a rispondere ad alcuni degli interrogativi più pregnanti – e fino a ieri filosofici – che l’uomo si sia posto dall’alba della storia. Che cosa è il libero arbitrio? Che cos’è l’arte? Che cos’è il sé? Chi siamo noi? Che cos’è l’immagine corporea? Oggi come ieri, nessuna impresa è più vitale di questa per il benessere e la sopravvivenza del genere umano. Non dimentichiamo infatti che anche la politica, il colonialismo, l’imperialismo e la guerra traggono origine dal nostro cervello. Anch’io sono convinto che solo grazie alle ricerche scientifiche sulla mente è possibile scoprire non solo come fare per rendere felici i singoli malati psichici, ma riequilibrare il mondo tutto. L’etica, la giustizia, la non violenza e la partecipazione sono valori racchiusi dentro di noi. Dobbiamo portarli fuori, imparando a conoscere bene perché vengono disattesi e ingannati e poi aiutare gli uomini a realizzarli. È una meta ambiziosa, mai raggiunta che solo la scienza è in grado di supportare. Casomai con l’assenso di tutti i saggi compreso il Dalai Lama. Sapranno gli uomini in grado di comprenderlo e di affidarsi alla scienza, senza continuare ad affidarsi ciecamente al mondo magico delle filosofie, delle religioni e delle teorie alla cui base prosperano regole, doveri, comandamenti, premi e punizioni?